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Anzi forse “che utero” sarebbe più appropriato.
Una mia amica dice che ci andrà meglio nella prossima vita.
Se credessi nella resurrezione, potrei anche trovare un motivo per sperare, ma purtroppo non ci credo. Quando morirò, diventerò semplicemente polvere, senza possibilità di una nuova vita. Vi immaginate se dovessi rinascere nuovamente donna?
Per favore, se qualcuno mi ascolta, datemi “le palle”… intendo quelle da uomo, non gli attributi, dato che ne sono già fornita.
La scelta va in un’unica direzione, lo ripeto come un mantra a mia figlia: studio, lavoro, fidanzato, casa, famiglia. Pensati professionista, pensati lavoratrice e poi se hai tempo pensati donna. Essere donna è una sfida, mia cara figlia, e non perché l’ho deciso io, ma è una realtà della vita.
La donna professionista viene guardata in cagnesco, dai non ce la raccontiamo!
Ricordo ancora i visi beffardi di fornitori, rappresentati e varie ed eventuali figure che desideravano collaborare con la mia azienda quando chiedevano di parlare con il titolare ed io dietro al bancone rispondevo “Eccomi, sono io il titolare”. Me lo ricordo bene, pensavano di fregarmi mostrando un sorriso stupito e quasi mi deridevano in faccia.
Per un periodo ho pensato di disegnarmi un pene sul viso così – almeno – avrei fornito loro una motivazione valida per ridere.
Non desidero apparire come una donna insoddisfatta e lamentosa che si piange addosso. No, assolutamente no. Sono pienamente soddisfatta della mia vita. Anzi, posso vantarmi di aver avuto due figli, di aver gestito due locali nel centro della mia città e nel contempo essermi laureata non una, ma ben due volte, di avere una casa, un marito che mi ama. Non c’è altro che provare orgoglio verso se stessi e una grande soddisfazione. Tuttavia, durante la ricerca di lavoro, la risposta è sempre “Pur avendo apprezzato il Suo profilo, abbiamo deciso di orientare il percorso di selezione verso candidati con caratteristiche che meglio si adeguano alle specifiche competenze del ruolo ricercato”
L’ultima volta non ho resistito e ho deciso di rispondere, anche perché a silurarmi – così come indicato nella firma della mail – era tutto un TEAM delle risorse umane di un’azienda, che aveva – giustamente – preteso curriculum in formato elettronico più curriculum riscritto punto per punto insieme ad una lettera di presentazione – che avrei fatto prima a fare un colloquio e buonanotte – e nonostante tutto il TEAM si sia scomodato per rispondermi, ha pure sbagliato il mio nome! Ora è vero – mea culpa – non avevo letto che questo capo di minchia cercava un impiegatO, non unA impiegatA, quindi mi è venuta voglia di rispondere così:
“Caro Team di Selezione del Gruppo Tal dei Tali,
Vi ringrazio immensamente per aver apprezzato il mio profilo per la posizione di STAGE impiegatO. È davvero rassicurante sapere che il mio profilo è stato gradito, anche se non abbastanza per il vostro ruolo. Sono sicura che le “specifiche competenze” richieste siano qualcosa di così unico e straordinario che solo un ristretto gruppo di individui eccezionali può possedere.
È fantastico sapere che avete deciso di orientare il percorso di selezione verso candidati che si adattano meglio a queste caratteristiche speciali. Mi chiedo cosa faccia realmente la differenza tra me e questi super candidati! Forse sanno parlare con le piante, leggere la mente dei contabili o addirittura volare? Sono curiosa di sapere quali competenze straordinarie cercate per questa posizione.
Tuttavia, non preoccupatevi, non mi scoraggio facilmente. Continuerò la mia ricerca di un’opportunità che sia all’altezza delle vostre aspettative celestiali e che richieda competenze veramente fuori dal comune. Spero solo che il mondo sia pronto per una candidata del mio calibro.
Vi ringrazio ancora per avermi dato l’opportunità di sognare di far parte di un team così eccezionale. Spero che, un giorno, possiate trovare quel candidato perfetto che possiede le competenze speciali che cercate.
Distinti saluti,
UnA CandidatA con Competenze Troppo Banali per la Vostra azienda.
P.S.: Giusto per essere chiari, il mio nome è Gilda Pagnozzi non Giada PagnAzzi.”
Ma certo, perché una donna di 42 anni con figli e una laurea dovrebbe rimanere a casa a svolgere il ruolo di madre e non infastidire gli altri. È davvero la realtà più sensata e gratificante, non c’è dubbio. Si, ma per chi?
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